Tunnel di Winterberg, operazione di recupero del Volksbund. Si cercano 300 caduti della prima guerra

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Operazioni di ricerca al tunnel Winterberg (ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)
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Tunnel di Winterberg, la Pompei della prima guerra mondiale. Il Voksbund ha dato il via all’operazione di recupero dei resti di 300 soldati tedeschi della prima guerra. Nei giorni scorsi gli esperti dell’organizzazione governativa tedesca che si occupa del recupero dei caduti in battaglia, ha avviato un’operazione con l’omologa francese Onacvg. Si squarcia così il velo su una delle più terribili carneficine della prima guerra mondiale; il tentativo di recuperare le spoglie di 300 militari tedeschi che rimasero bloccati all’interno del tunnel bombardato dall’artiglieria francese e morirono senza riuscire a venirne fuori, serve anche a studiare la storia di quell’evento attraverso un’indagine approfondita. L’operazione è coordinata  anche dall’autorità archeologica francese ed è seguita anche da ricercatori professionisti dell’azienda Georadar. Il tunnel Winterberg si trova vicino alla città francese di Craonne (a nord-ovest di Reims). I ricercatori sono supportati da un gruppo congiunto di soldati dell’esercito francese e delle forze armate tedesche. Partecipano alle operazioni anche la gendarmeria locale, i vigili del fuoco, i paramedici, un reparto di artificieri e molti volontari.

Il mistero del tunnel di Winterberg

Operazioni di ricerca al tunnel Winterberg (ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

(ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

Il mistero del tunnel di Winterberg ha attirato da sempre l’attenzione di tantissimi appassionati. Sempre sospesa tra leggenda e realtà la caccia a questo luogo ha incontrato la determinazione di un appassionato locale, Alain Malinowski che nel 2009 si è imbattuto in una mappa dell’epoca che mostrava non solo il tunnel ma anche il punto d’incontro di due percorsi. L’uomo ha misurato attentamente l’angolo e la distanza del tunnel, arrivando fino al punto dove, secondo le cronache, si sarebbero rifugiati i 270 soldati. Malinowski  dichiarò a Le Monde di avere localizzato la galleria, la notizia raggiunse anche le autorità ma per 10 anni nessuno fece niente. Il mistero sembrava destinato a restare tale, così il figlio di Alain, Pierre Malinowski decise per una forzatura. Nel gennaio dello scorso anno, decise di aprire un pozzo con una squadra di ricerca proprio nel punto dove il padre aveva detto esserci l’ingresso del tunnel. A una profondità di circa 3 metri, cominciarono a uscire reperti: asce, vanghe e altri oggetti risalenti alla prima guerra, nonché proiettili inesplosi. C’era il campanello che veniva usato per suonare l’allarme, centinaia di filtri di maschere antigas. Furono trovati i binari usati per il trasporto di munizioni, due mitragliatrici, un fucile, e i resti di due caduti. «Era come Pompei – dissero i ricercatori – niente si era mosso». Pierre Malinowski e la sua squadra richiusero lo scavo, lasciando il luogo anonimo come l’aveva trovato, e contattarono le autorità che dopo qualche mese di organizzazione (e ancora qualche sollecito) si sono decise a partire con questa spedizione. I soldati vivevano praticamente in questo tunnel. Potrebbe essere la più grande riserva di materiale e oggetti militari della prima guerra mondiale.

Operazioni di ricerca al tunnel Winterberg (ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

Arne Schrader, capo del dipartimento del Volksbund al tunnel Winterberg (ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

Gli scavi sullo Chemin des Dames

Operazioni di ricerca al tunnel Winterberg (ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

(ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

Gli scavi sono coordinati da Arne Schrader, capo del dipartimento delle tombe del Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge. Il gruppo è lavoro in quest’area sullo Chemin des Dames, dove le truppe tedesche e francesi hanno combattuto una sanguinosissima guerra di trincea nella prima guerra mondiale. L’operazione andrà avanti per un bel po’ di tempo. La prima squadra ha incontrato i binari della ferrovia da campo durante gli scavi iniziali. Binari che puntano verso la profondità del Winterberg. Scendendo più profondità è uscito il primo reperto appartenente a un soldato, ossia un cappotto da uniforme del 111 ° reggimento di fanteria di riserva, e il campanello d’allarme che era infisso nel terreno. C’è stato anche tempo per una commemorazione congiunta dei 270 soldati tedeschi morti che si sospetta riposino ancora nel tunnel, ma anche dei molti francesi uccisi in questa foresta montuosa sullo Chemin des Dames. Tra le foto che ricordavano i morti davanti al presunto ingresso del tunnel c’erano non solo le foto di tedeschi, ma anche quella di Laurent Michalot, morto all’età di 33 anni il 19 aprile 1917 durante i combattimenti nelle vicinanze.

Operazioni di ricerca al tunnel Winterberg (ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

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I reperti continuano a uscire dalla terra e a raccontare la loro storia: dal filtraggio dei cumuli di sabbia che gli escavatori avevano accumulato sul ripido pendio sono usciti i resti di un elmetto tedesco, una baionetta, granate, angoli per stabilizzare il rivestimento in legno, un campanello d’allarme, poiché erano comuni agli ingressi dei tunnel. E’ necessario interrompere gli scavi più volte a causa di numerosi ritrovamenti di ordigni e munizioni.

Operazioni di ricerca al tunnel Winterberg (ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

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Durante l’ispezione del sito è diventato chiaro che la ricerca dei resti mortali del reggimento tedesco richiede molto più tempo di quanto originariamente ipotizzato. La sabbia e la pietra devono essere rimosse a strati e i resti di munizioni e ordigni devono essere messi in sicurezza. Gli specialisti hanno subito respinto l’idea di entrare nelle cavità della montagna individuate dal georadar perché è troppo pericoloso. Servirà una missione più organizzata e articolata nel tempo. Per questo le aree sono state messe in sicurezza con videosorveglianza e gendarmi per evitare scavi abusivi. Il Volksbund ei suoi partner francesi stanno pianificando la missione per entrare definitivamente nel tunnel.

Operazioni di ricerca al tunnel Winterberg (ph Uwe Zucchi für Voksbund.de)

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La battaglia dell’Aisne 1917: i fatti della storia

Nel corso della prima guerra mondiale lo Chemin des Dames, che si trovava nel settore del fronte occidentale tenuto dalle truppe francesi, fu teatro di sanguinose battaglie fra il 1916 e il 1918. La più nota di esse, la Seconda battaglia dell’Aisne, ebbe luogo fra il 16 e il 25 aprile 1917. Il generale Nivelle, comandante delle truppe francesi, dopo aver accumulato ingenti forze, lanciò l’attacco alla linea tedesca che si stendeva sul crinale percorso dallo Chemin des Dames. I difensori erano ben protetti su una linea che correva appena sotto la cresta, da cui erano in grado di dominare il terreno circostante. Il primo giorno l’esercito francese, appoggiato da battaglioni senegalesi, perse oltre 40.000 uomini; durante l’intera battaglia le perdite francesi ammontarono a circa 160.000 uomini (80.000 quelle tedesche). Lo spropositato dispendio di vite per un guadagno strategico minimo fu una rovina per Nivelle, già a corto di uomini e di fronte al rischio di ammutinamenti. Il pericolo divenne realtà e le forze francesi ebbero presto necessità di soccorso da parte degli alleati, per cui alcune divisioni dell’esercito britannico furono operative nella zona per i successivi dodici mesi.

Il tunnel com'era all'epoca (Wikimedia)

Il tunnel com’era all’epoca (Wikimedia)

All’interno dei rilievi della cresta che costeggia la strada, si stende una rete di gallerie che copre circa un chilometro quadrato, chiamata La Caverne du Dragon, originariamente un sistema di tunnel creato nel XVII secolo con lo scavo del calcare da costruzione. Le caverne si trovano fino a 20-40 metri sotto la superficie, e durante la guerra furono usate sia dai francesi che dai tedeschi come ospedali da campo e posti di comando, talvolta contemporaneamente. L’offensiva di Nivelle avrebbe dovuto contemplare l’impiego di circa un milione di uomini supportati da 7.000 mitragliatrici tra le città di Roye e Reims, concentrandosi più che altro lungo il fiume Aisne. Iniziato a progettare nel dicembre 1916, il piano perse valore a causa delle numerose informazioni trapelate al Deutsches Heer (l’esercito tedesco), che alla data d’inizio delle operazioni era già a conoscenza delle sue fasi. Nonostante questi fattori e la scarsa conoscenza delle forze nemiche, Nivelle decise ugualmente di mandare all’attacco i suoi fanti. La vittoria francese arrivò nell’ottobre 1917, e ovviamente non compensò le enormi perdite subite in cinque mesi di battaglia (118.000 tra morti, feriti e dispersi alleati contro 40.000 dei tedeschi). Lungo tutto lo Chemin des Dames si trovano perciò numerosi monumenti e cimiteri di guerra britannici, oltre che tedeschi e francesi.

Il tunnel com'era all'epoca (Wikimedia)

Il tunnel com’era all’epoca (Wikimedia)

Il regio esercito partecipa all’offensiva dello Chemin des Dames

Anche truppe italiane del II Corpo d’armata, agli ordini del generale Alberico Albricci, combatterono nella zona, incorporate nella 5ª Armata francese, e parteciparono, nel settembre – ottobre 1918 alla riconquista definitiva dello Chemin des Dames; 593 di questi soldati riposano ancora nel cimitero militare italiano di Soupir.

I reparti italiani sfilano davanti al presidente francese Poincaré

I reparti italiani sfilano davanti al presidente francese Poincaré (Wikimedia)

Dopo la battaglia di Caporetto di ottobre-novembre 1917, gli Alleati avevano inviato truppe fresche sul fronte italiano che aveva contribuito a dare tempo al Regio Esercito di riorganizzarsi. Nei primi mesi del 1918, alla vigilia dell’offensiva di primavera, il Regno d’Italia decise di contraccambiare inviando sul fronte occidentale un corpo di spedizione a sostegno dello sforzo alleato. Il Comando supremo militare italiano scelse il II Corpo d’armata di Milano, impegnato dalle battaglie dell’Isonzo a quella del Piave e allora in riserva per riorganizzarsi, essendo di fatto ridotto a causa delle perdite in battaglia, come organico, a una brigata. Al comando della grande unità venne confermato il generale Alberico Albricci.

Giuseppe Ungaretti soldato prima guerra mondiale

Giuseppe Ungaretti

L’organico era basato sulla 3ª Divisione di fanteria, formata dalla Brigata “Napoli” e dalla Brigata “Salerno”, e dalla 8ª Divisione di fanteria, sulla Brigata “Brescia” e la Brigata “Alpi”, per un tale di circa 25.000 uomini. Quest’ultima unità fu inserita per ragioni di prestigio in quanto erede ideale dei Cacciatori delle Alpi garibaldini; in essa all’inizio della guerra si erano prontamente arruolati molti ex-legionari, tra i quali Peppino, Ricciotti, Menotti, Sante ed Ezio Garibaldi, nonché Kurt Erich Suckert, meglio conosciuto in seguito come Curzio Malaparte; in occasione della spedizione in Francia, la Brigata “Alpi” fu posta proprio al comando del colonnello brigadiere Peppino Garibaldi. Nel 19º Reggimento fanteria della Brigata “Brescia” prestava invece servizio Giuseppe Ungaretti, arruolatosi come volontario. L’intento era fornire supporto ai francesi che stavano sferrando l’offensiva finale insieme agli inglesi e agli americani contro i tedeschi che ormai erano in ritirata

L’offensiva sull’Aisne, l’ultima battaglia degli italiani in Francia

Peppino_Garibaldi_1915

Peppino Garibaldi

L’offensiva sull’Aisne fu l’ultima battaglia prima della vittoria finale condotta dagli italiani in terra di Francia. Fu il costituito XXXII° Reparto d’Assalto che prenderà parte con la 3ª Divisione ai combattimenti sulla linea dell’Aisne e alla conquista dello Chemin-des-Dames di ottobre 1918. I soldati italiani presero Chavonne e Soupir; dopo feroci combattimenti superarono il canale Oise-Aisne, ben fortificato dai tedeschi. Le brigate italiane si gettarono all’attacco: la Brigata “Salerno” conquistò l’altipiano di Braye-en-Laonnois e la “Napoli” si impadronì di Moussy, Beaulne, Chivy e Verneuil; la “Brescia” superava Pont-Arcy e la “Alpi” espugnava la collina di Madagascar, vicino Bourg-et-Comin, dopo aver guadato il fiume sotto il fuoco nemico. Incalzati da italiani e francesi, i tedeschi iniziarono a ritirarsi. Le pattuglie di cavalleria e fanteria subito inviate oltre l’Ailette furono seguite il 12 ottobre dal grosso delle truppe italiane, che all’alba del 14 liberarono Festieux, Montaigu e Veslud; a mezzogiorno i “Cavalleggeri di Lodi” raggiunsero Sissonne, seguiti dalle fanterie, che in tarda ora dello stesso giorno riuscirono a scacciare i tedeschi dalla città. Presa la città il II Corpo vi sostò una ventina di giorni per riorganizzarsi. L’avanzata riprese il 5 novembre, vincendo la resistenza tedesca intorno al nodo stradale di Sissonne e poi a Chivres-Val e lanciandosi così in un’avanzata di 17 km in un solo giorno. Il giorno successivo le unità italiane incontrarono un centro di resistenza sul fiume Hurtaut, dove i tedeschi avevano fatto saltare i ponti; sopraffatta la resistenza e superato l’ostacolo, gli squadroni di cavalleria ed il II Reparto d’assalto entrarono a Rozoy-sur-Serre. I tedeschi tentarono di organizzare una resistenza sulla Serre, ma furono battuti nella mattinata del 9 novembre; superato questo fiume e poi l’Aube, le truppe italiane liberarono Marby, Étalle e Chilly. Il mattino dell’11 novembre gli italiani giunsero a Rocroi, spingendo alcune pattuglie fino alla Mosa tra Fumay e Revin; questi rappresentarono il punto più avanzato raggiunto dagli italiani; in quel giorno cessarono le ostilità perché entrava in vigore l’armistizio di Compiègne.

(l’immagine in evidenza è di Uwe Zucchi für Volksbund.de)

 

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Prima guerra
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