Comandante Cappellini, il regio sottomarino che issò tre bandiere

4 years fa scritto da
Un sottomarino U212 Classe Todaro della Marina Militare
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Il Comandante Cappellini fu un sommergibile della Regia Marina. Ebbe una storia avventurosa; dopo l’armistizio venne catturato prima dalla Kriegsmarine, che issò la sua bandiera sul sottomarino e successivamente dalla marina imperiale giapponese che lo utilizzò (con parte del suo equipaggio) fino alla fine della guerra.

Mentre ricorrono i 130 anni di storia dalla prima uscita del primo sommergibile italiano, il Delfino (era il 1890), la storia del Comandante Cappellini rappresenta certo uno dei passaggi più significativi dell’epopea dei sommergibilisti italiani che hanno attraversato, navigando su circa 200 sottomarini, due Guerra Mondiali e la Guerra Fredda. Oggi, oltre alle tradizioni, l’impegno è nello sviluppo dei nuovi sottomarini U212 NFS (come quello nella foto in alto della Marina Militare), che saranno unità all’avanguardia.

L’impiego del Cappellini con la Regia Marina

Il comandante cappellini in navigazione

Il comandante cappellini in navigazione (da Wikipedia)

Il sommergibile Comandante Alfredo Cappellini, venne varato il 14 maggio 1939. Realizzato dai Cantieri riuniti del’Adriatico di Trieste, fu il primo sottomarino oceanico della Classe Marcello in versione migliorata. Venne intitolato ad Alfredo Cappellini, decorato con la medaglia d’oro alla memoria per il sacrificio suo e del suo equipaggio durante la battaglia di Lissa del 1866. Con il gemello Comandante Faà di Bruno ebbe  motori diesel Fiat, mentre gli altri  avevano motori CRDA.

Il Cappellini durante la seconda guerra mondiale fu impiegato in 12 missioni nell’oceano  Atlantico e due nel Mediterraneo. Percorse in tutto 73.062 miglia nautiche nei  463 giorni trascorsi in mare.

All’inizio della guerra mondiale, il Cappellini si trovava alla Spezia, al comando del capitano di corvetta Cristiano Masi. Essendo tra le migliori dotazioni della Regia marina per armamento e struttura, fu inviato in missione nell’oceano Atlantico. Salpò da Cagliari già il 6 giugno 1940, diretto nella fascia d’oceano compresa fra Casablanca, le Isole Canarie e Madeira. Durante l’attraversamento dello stretto di Gibilterra, pochi giorni dopo, venne attaccato dal peschereccio antisommergibile HMS Arctic Ranger e successivamente dal cacciatorpediniere Vidette arrivato a tutto vapore. Pesantemente danneggiato, dopo diverse peripezie, tra cui una sosta nel porto di Ceuta, riuscì a rientrare alla Spezia dove venne assegnato a un nuovo comandante, il capitano di corvetta Salvatore Todaro.

Caccia ai convogli dell’Atlantico

Il comandante Salvatore Todaro (da Wikipedia)

Il comandante Salvatore Todaro (da Wikipedia)

Il Cappellini stavolta fu destinato alla base atlantica di Betasom a Bordeaux, nella Francia occupata. Raggiunse la propria zona d’agguato fra i paralleli di Vigo e Mogador.  Il 16 ottobre 1940 ingaggiò la prima battaglia contro il piroscafo belga Kabalo. Dopo averlo affondato, Todaro decise di raccogliere  26 superstiti sbarcandoli successivamente alle Azzorre. Il 5 gennaio 1941 attaccò col cannone il piroscafo britannico Shakespeare in navigazione fra le Canarie e l’Africa: la nave fu affondata, mentre il Cappellini, colpito da un proiettile in torretta, subì la perdita del sergente Ferruccio Azzolin. Il sommergibile italiano trasse poi in salvo i 23 naufraghi del Shakespeare e li sbarcò in una delle Isole di Capo Verde, l’Isola del Sole. Nove giorni dopo, il Cappellini entrò in battaglia contro il piroscafo armato inglese Eumaeus. Fu un violento combattimento a colpi di cannone durante il quale persero la vita tre uomini del battello italiano: il sergente Francesco Moccia, il comune Giuseppe Bastino e il tenente del Corpo del genio navale Danilo Stiepovich; alla fine l’Eumaeus fu affondato a 118 miglia per 285° da Capo Sierra Leone. Il Cappellini era molto danneggiato, (due bombe sganciate da un idrovolante britannico esplosero vicino al sommergibile, danneggiando i motori e provocando vie d’acqua), e si fermò a La Rum nella Gran Canaria, dove sbarcò i feriti e dove venne riparato quel che bastava per tornare a Bordeaux, dove rimase in cantiere due mesi per le riparazioni. Il comportamento di Todaro fu molto apprezzato dal comandante di Betasom, ammiraglio Angelo Parona, ma il suo piglio nel voler raccogliere i naufraghi delle navi affondate valse anche qualche critica pare da parte dell’ammiraglio Karl Dönitz, comandante degli U-Boot tedeschi che l’avrebbe soprannominato don Chisciotte. Nomignolo sprezzante al quale Todaro avrebbe risposto: «Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle».

A luglio del 1941, il comandante Salvatore Todaro lasciò per arruolarsi nella Xª Flottiglia MAS. A sostituirlo fu il tenente di vascello Aldo Lenzi. Todaro morì nel dicembre 1942, trafitto alla testa da una scheggia durante il mitragliamento di un caccia inglese Spitfire. Aveva 34 anni. I più moderni sommergibili italiani portano oggi il suo nome.

Sotto il comando di Lenzi, il Cappellini danneggiò molto gravemente, durante la sua sesta missione (il 2 dicembre 1941), il mercantile Miguel de Larringa, colpendolo con due dei cinque siluri lanciati. In seguito a un nuovo cambio in comando, il battello fu guidato dal tenente di vascello Marco Revedin, al comando del quale il Cappellini silurò e affondò, il 19 maggio 1942, la motonave svedese Tisnaren salvandone tutti i 40 uomini dell’equipaggio; il 31 maggio il sommergibile inseguì e affondò la cisterna militare inglese Dinsdale (in rotta Città del Capo-Trinidad carica di benzina), dovendo impiegare sei siluri per colarla a picco.

Il Cappellini e la tragedia del Laconia

A settembre il Cappellini prese parte al salvataggio dei sopravvissuti del Laconia, un transatlantico inglese convertito al trasporto di truppe e prigionieri, che era stato affondato il 12 settembre 1942 presso l’Isola di Ascensione, dal sommergibile tedesco U. 156 al comando del capitano di corvetta Werner Hartenstein. Una affondamento drammatico; perirono anche 1400 prigionieri di guerra italiani reduci della prima battaglia di El Alamein che si trovavano a bordo della nave, sia perché uccisi dagli scoppi dei siluri, sia perché i militari inglesi e polacchi di scorta si rifiutarono di aprire le stive e lasciarli uscire, sia perché quanti riuscirono ad abbandonare la nave furono respinti dalle scialuppe (in alcuni casi si arrivò a mozzar loro le mani con asce e accette) e dovettero buttarsi nel mare infestato dagli squali. Ci si mise anche il fato, quando un bombardiere statunitense attaccò l’U. 156 (che aveva iniziato l’opera di soccorso) obbligandolo ad immergersi e allontanarsi. In soccorso dei superstiti furono inviati due U-Boot, l’U. 506 e l’U. 507, tre unità francesi e appunto il Cappellini.

Il sommergibile, fu dirottato verso il luogo del disastro il mattino del 13 settembre e arrivò sul posto il 16. Dette soccorso alle prime due scialuppe con a bordo rispettivamente 50 e 84 occupanti, tutti inglesi, e rifornì la seconda di provviste e acqua. Successivamente raggiunse altre lance alle quali dette provviste e recuperò tutti i naufraghi che trovò in mare, ossia 19 fra inglesi e polacchi e 49 italiani (due dei quali morirono il giorno successivo); quindi andò in cerca delle navi francesi e ne incontrò una, la Dumont d’Urville, sulla quale furono trasbordati 41 dei 47 italiani. Il Cappellini raggiunse poi la sua zona d’agguato. La vicenda turbò profondamente l’animo di Salvatore Todaro quando seppe della vicenda, lui che tante volte aveva messo a repentaglio persino il suo equipaggio per salvare i naufraghi delle navi affondate.

Il Cappellini va in Oriente

Il Cappellini requisito dai giapponesi (wikipedia)

Il Cappellini requisito dai giapponesi (wikipedia)

L’ultima missione d’attacco del Cappellini fu compiuta a cavallo tra la fine del ’42 e la metà del ’43, subendo un attacco aereo, con morti e feriti. A quel punto il battello fu convertito in mezzo da trasporto di materie prime verso l’Oriente. Gli venne assegnato il nominativo identificativo Aquila III ed entrò in cantiere per delle modifiche: sparirono i cannoni, tubi lanciasiluri, alcuni componenti delle batterie. L’11 maggio 1943 il Cappellini fu il primo sommergibile a partire per l’Estremo Oriente, al comando del capitano di corvetta Walter Auconi, con a bordo 95 tonnellate di acciaio speciale, alluminio, munizioni e parti di ricambio. Causa il maltempo e consumi imprevisti di carburante il viaggio fu piuttosto difficoltoso e si rese necessario transitare nei pressi della costa africana; dopo 57 giorni di navigazione, arrivò a Sabang (Indonesia) e da lì si spostò poi Singapore, da dove sarebbe dovuto ripartire, per il viaggio di ritorno, con 110 tonnellate di gomma. La notizia dell’armistizio fermò le macchine. I battelli avevano appena sbarcato il loro carico e non avevano ancora stivato tutto il materiale destinato all’impresa bellica; l’equipaggio venne fatto prigioniero dai giapponesi.

La bandiera del Reich e quella dell’Imperatore

Dopo alcune settimane di dura segregazione, l’equipaggio del Cappellini decise di continuare a combattere a fianco degli ex-alleati tedeschi e giapponesi, aderendo di fatto alla Repubblica Sociale Italiana. Incorporato nella Kriegsmarine con equipaggio italo-tedesco, il Cappellini venne ribattezzato U. IT. 24, ma sostanzialmente non fu mai impiegato. Con la resa della Germania, avvenuta l’8 maggio 1945, fu catturato dai Giapponesi, incorporato nella Marina imperiale giapponese e rinominato I. 503. Con un equipaggio misto italo-giapponese continuò a combattere nel Pacifico e con le mitragliere Breda da 13,2mm riuscì ad abbattere, il 22 agosto 1945, un bimotore da bombardamento USA a Kōbe. Dopo la resa del Giappone i pochi marinai italiani superstiti vennero imprigionati dagli americani, mentre il Cappellini fu portato ad affondare nelle acque al largo di Kōbe. Il Cappellini e un altro sommergibile italiano, il Torelli, furono le uniche unità militari ad aver servito sotto tutte e tre le bandiere dell’Asse.

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Seconda guerra
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