Addio a Rosie the riveter: sarà per sempre un’icona. Il manifesto di un’epoca che è diventato anche uno dei simboli per l’affermazione dei diritti delle donne. Rosie the riveter, è il nome entrato nella storia per le lavoratrici americane che hanno contribuito allo sforzo bellico. I loro uomini al fronte, le ragazze nelle fabbriche a costruire aerei, navi, carri armati, jeep. Il coraggio di quelle donne, l’impegno civico, venne tradotto dalla propaganda in manifesti che sono entrati nella storia. Operaie in tuta blu e stivali da lavoro, con la bandana rossa a coprire il capo, iconiche.
Il manifesto più famoso, disegnato nel 1943 da J. Howard Miller per la Westinghouse Electric, aveva l’obiettivo di tenere alto il morale delle truppe, e spingere le donne nelle fabbriche a lavorare più duramente. Nell’immagine ‘Rosie’, bandana a pois in testa, si tira su le maniche ed esorta i lavoratori impegnarsi di più. Lo slogan dice «We can do it», possiamo farlo.
La incredibile storia di Naomi, la ‘Rosie’ californiana
La Rosie di quel manifesto è scomparsa un paio di giorni fa. Aveva 96 anni, si chiamava Naomi Parker Fraley. Durante la seconda guerra mondiale costruiva navi da guerra nella base di Alameda in California. Una storia incredibile la sua. Fino al 2015 si pensava che la donna ritratta in quel manifesto fosse un’altra.
Naomi era una delle tantissime donne che durante la II guerra mondiale supportarono lo sforzo bellico nelle fabbriche, lavorando al posto degli uomini che erano in prima linea. Nel 1942 un reporter la fotografò durante il turno di lavoro. Bellissima, con la bandana a pois sulla testa, concentrata sulla produzione al tornio. Quello scatto ispirò il manifesto, poi diventato di massa, simbolo su gadget e magliette ma anche manifesto nell’affermazione della parità di genere.
Sessant’anni dopo la fine della guerra, Naomi Parker Fraley prese parte a una conferenza di donne che come lei avevano contribuito allo sforzo bellico. Lì vide la foto che veniva mostrata come ispiratrice del manifesto si riconobbe; tuttavia secondo gli storici, la bellissima ragazza ritratta nell’immagine non era lei ma Geraldine Hoff Doyle. Si fecero ulteriori approfondimenti, fino a quando il professore della Seton Hall University, James J. Kimble, giunse alla conclusione che sì, effettivamente si trattava di Naomi. Che non si montò la testa: «Non ho fatto nulla di speciale – ha dichiarato più volte – ho agito come molte altre. Da sempre le donne americane sono alla ricerca di icone. Se pensano che io lo possa essere ne sono felice».
La base navale di Alameda, nella baia di San Francisco, dopo aver ricoperto un ruolo importante durante la guerra fredda, è stata chiusa definitivamente nel 1996. Di quel monumento storico allo sforzo bellico non è rimasto molto. C’è un progetto di recupero che prevede la costruzione di 800 appartamenti e 18mila mq di strutture commerciali, con la speranza che si voglia almeno commemorare l’impegno di Naomi e delle tante donne e ragazze che hanno lavorato in quella base.
L’impresa della vera Rosie the riveter: era italo americana
Ma il manifesto di Miller, diventato simbolo del femminismo non è stato il solo. Rosie the riveter, la rivettatrice, ha una storia che attraversa tutti gli Stati Uniti. La prima ‘Rosie’ con la tuta da meccanico e la maschera protettiva agli occhi viene citata in una canzone del 1942 scritta da Redd Evans e John Jacob Loeb e che dal 1943 divenne famosa e trasmessa in tutte le radio. La prima immagine è sempre del ’42; compare in un disegno del pittore Norman Rockwell che prese come modella l’allora 19enne Mary Doyle Keefe, scomparsa a 92 anni. Il ritratto fu pubblicato sulla prima del Saturday Evening Post nel maggio del 1943. Rosie è raffigurata come una donna muscolosa, in tuta da lavoro, col viso sporco. E’ in pausa pranzo e sta mangiando un sandwich, con i piedi che poggiano sul “Mein Kampf” e sulle gambe il porta pranzo personale con la scritta “Rosie”.
Il personaggio di “Rosie” è esistito davvero. Non si tratta solo di modelle. La rivettatrice dei record era italo americana. Si chiamava Rosina Bonavita. Aveva poco più di venti anni, viveva a Peekskill nello stato di New York e lavorava in una fabbrica di aerei militari. Nel 1943 finì su tutti i giornali perché con la sua collega Jennie Fiorito riuscì a fare in sole sei ore 900 buchi e a fissare 3.345 rivetti per assemblare l’ala di un aereo da combattimento. E non si perse d’animo quando il suo primato venne superato da altre due lavoratrici: con un’altra collega riuscì a costruire un’ala di aereo in 4 ore e 10 minuti. La sua impresa ispirò la canzone di Evans e Loeb, il manifesto di Rockwell e quello di Miller. E divenne un modello per tantissime donne americane. E’ scomparsa nel 1996, a 73 anni.