Normandia: storia o parco giochi della storia? L’80esimo dello sbarco è un momento sacro, e tantissimi appassionati hanno organizzato viaggi coi loro mezzi storici per esserci. Eppure stante la loro passione, c’è qualcosa che stona. Il punto diretto: la mercificazione massiccia di ogni cosa. Una immagine su tutte: la jeep di cartone espositore di formaggi tipici vista nei supermercati locali. E i ricchi premi e cotillon messi ovunque in mostra, l’aria da sagra paesana, i bambini in divisa con i fucili finti, le baguette farcite accanto ai cimiteri. Sulla Normandia si scontrano due faglie in maniera fragorosa. Da una parte, il turismo della rievocazione, dall’altra la cultura della rievocazione. Il primo ha scopo di lucro, la seconda no. Per il primo, si organizza la scampagnata possibilmente nei giorni ‘comandati’, in mezzo alla calca. Il secondo punta a tornare su quei luoghi ma per riflettere e capire. Quello che succede in Normandia per esempio a Pearl Harbor sarebbe impensabile. All’Arizona Memorial si accede con abiti consoni, e si resta in silenzio, altrimenti di viene cacciati. E così sulla Missouri, che si trova alla fonda nella baia, per vedere da vicino il punto dove il Giappone firmò la sua resa.
In Italia fortunatamente non abbiamo il parco giochi della storia. Abbiamo però luoghi della storia, e una serie di itinerari che li collegano. Sta alle istituzioni e agli appassionati capire cosa vogliano costruire. Il modello lanciato dal raid, Le Strade della Liberazione, che abbiamo organizzato nel luglio ’23 con pochi appassionati, puntando sulla divulgazione culturale come testimoniato dal valore documentaristico del docu realizzato da Rai Storia, e dall’incontro culturale con le rappresentanze dei paesi alleati, può essere una strada da seguire. Pochi mezzi, un obiettivo, quello di raccontare attraverso il viaggio e le testimonianze di docenti universitari ed esperti, che è stato poco invasivo e invadente, la scoperta di uno dei possibili itinerari (da Gela a Milano via Cassino, Roma, Siena Firenze, Felonica) della seconda guerra mondiale in Italia da compiere tutto in una volta o a tappe.
Quando vai in Normandia? E’ la domanda che mi fece un amico qualche tempo fa, quando stavo per andare a visitare i luoghi dello sbarco. Decisi di andare in agosto, mettendo insieme le ferie. Volevo evitare giugno e i fatidici ‘singhiozzi dei violini d’autunno’. Ho avuto quello che volevo: poca gente, tante possibilità in più di vedere le spiagge tra ieri e oggi, i musei senza la calca, provare a evitare per quanto possibile il supermarket della II guerra. I francesi hanno tratto vantaggio in tutte le maniere da questo turismo della rievocazione, e dal turismo di guerra in generale. Lo hanno fatto puntando sugli arrivi in massa, appunto mutuando il modello parco giochi piuttosto che luogo di riflessione e memoria. E’ su questo che noi italiani dovremmo riflettere. Non siamo la Germania, che ha dato un taglio netto con tutto quel periodo e punta solo a luoghi dall’altissimo valore evocativo e di conoscenza (un esempio per tutti il museo nel bunker antiaereo di Berlino (Berlin story bunker). E altrettanto chiaro che il nostro ruolo nella guerra è stato di cobelligeranza con gli alleati solo negli ultimi due anni di guerra. Ma forse proprio per questo, saremmo avvantaggiati nel dare priorità a un percorso ideale che metta insieme itinerari e aspetti storico culturali.
Non ho niente contro chi sceglie di andare in Normandia e buttarsi nel carnaio dell’80esimo, ci mancherebbe. In tanti si sono dati da fare per portare gli appassionati coi loro mezzi storici sulle spiagge fatali. E tanti semplici cultori di quel periodo sono andati senza uniformi, solo per assistere al calendario ufficiale delle celebrazioni. Tutto serve a tenere vivo il movimento. La mia è solo un’opinione che spero faccia discutere. Soprattutto per quello che stiamo costruendo nel nostro paese.