Cosa c’entra Dante con la meteorologia e ancor più col volo? Lo ha spiegato agli studenti il tenente colonnello dell’Aeronautica Militare, Alessandro Fuccello, comandante del servizio analisi e previsioni dell’Aeronautica militare durante una lezione per i ragazzi della scuola dell’Aeronautica Giulio Douhet di Firenze e per una rappresentanza di studenti fiorentini presenti in dad. La lectio magistralis si è tenuta nella scuola dell’Aeronautica Giulio Douhet inserita nell’Istituto di scienze militari aeronautiche delle Cascine. A fare gli onori di casa il comandante della Douhet, colonnello Davide Rossellini e dell’Isma, generale Urbano Floreani.
Nel settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta, padre della lingua italiana, numerose sono le iniziative e le pubblicazioni volte a celebrare il genio di Dante e a far conoscere soprattutto alle nuove generazioni il contributo che il Poeta fiorentino ha dato alla nascita della coscienza civile e politica nazionale. Ma Dante, nella sua enciclopedica conoscenza del sapere del suo tempo, ha permeato le sue opere, ed in particolare la Commedia, di moltissime narrazioni dei fenomeni naturali, spaziando dall’astronomia alla geografia ed alla meteorologia.
La parola “pioggia” compare 14 volte nel Poema, “vento” addirittura 42, “neve” la troviamo 10, come “nebbia”. Non è solo la frequenza dei lemmi meteorologici che dà la cifra dell’attenzione di Dante ai fenomeni atmosferici, quanto l’efficacia delle descrizioni, talvolta funzionali alle similitudini ed alle allegorie, talvolta alle suggestive ambientazioni infernali. Grazie alle sue descrizioni dei fenomeni atmosferici che possiamo capire quale fosse effettivamente il livello di conoscenza del poeta e dell’epoca. Capire per esempio che ancora oggi molti termini usati per definirli derivano direttamente da quei versi coniati da Dante». E così per la tempesta del V canto dell’inferno: con il mare “che mugghia per tempesta se da contrari venti è combattuto”; la pioggia, o ‘piova’ del VI: “etterna, maladetta, fredda e greve; regola e qualità mai non l’è nova. Grandine grossa, acqua tinta (le piogge rosse di sabbia) e neve per l’aere tenebroso si riversa”. Tra gli altri esempi c’è quello della brina del XXIV: “Quando la brina in su la terra assempra l’imagine di sua sorella bianca, ma poco dura a la sua penna tempra” o quello della nebbia del XXXI: “Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura ciò che cela ’l vapor che l’aere stipa”.
Partendo da questi spunti della commedia, il tenente colonnello Fuccello ha portato gli studenti attraverso il mondo di Dante, cercando di rivisitare queste narrazioni alla luce delle conoscenze dei fenomeni atmosferici, maturate nei sette secoli che vanno dall’Alighieri ai giorni nostri, evidenziando in particolare come questi fenomeni siano di cruciale importanza nella Meteorologia Aeronautica e come la loro efficace previsione possa contribuire alla sicurezza del volo.
C’è un tema che permea tutta la lezione e rimane sospeso nel viaggio dall’epoca di Dante, ossia il medioevo all’era moderna, ossia il tema del futuro. Nel medioevo la divinazione era considerata stregoneria. Per Dante gli indovini sono dannati; l’immagine del futuro è figlia del suo tempo. Nel medioevo chi studiava i fenomeni atmosferici e provava a prevederli finiva accusato di eresia. Due secoli più tardi però sarà un altro toscano, Galileo Galilei e gettare i semi della scienza moderna e della moderna meteorologia.