FNAB 43, la pistola mitragliatrice della Repubblica Sociale Italiana. Un’arma calibro 9×19 parabellum, ideata e disegnata dalla fabbrica Società Anonima Revelli Manifattura Armiguerra di Cremona, realizzata alla Fabbrica Nazionale Armi di Brescia (da cui la sigla), dai primi mesi del 1943. La F.N.A.B mod. 1943, questo il nome esteso della pistola mitragliatrice, fu insieme al più diffuso MAB38, una delle armi d’ordinanza dell’Italia fascista prima e della Rsi poi. In particolare sotto la Repubblica di Salò, fu in dotazione alle camicie nere della MVSN (Milizia volontaria sicurezza nazionale), alla X MAS e alla divisione San Marco. Venne utilizzato molto anche dalle formazioni partigiane che ne catturarono diversi esemplari sia durante gli scontri a fuoco, sia da magazzini dell’esercito repubblicano. Un curioso soprannome della FNAB 43 era ‘mitra Zerbino’ dal cognome del sottosegretario agli esteri della Rsi, Paolo Zerbino.
FNAB 43: storia e sviluppo
Il primo prototipo della pistola mitragliatrice risale al 1942, brevetto ‘Scalori’. L’arma era somigliante al MAB 38. Aveva lo stesso calibro; i caricatori da 10, 20, 30 e 40 colpi erano gli stessi. Le differenze erano sostanzialmente due: il calciolo metallico ribaltabile e una meccanica un po’ più complicata. La FNAB 43 impiegava un dispositivo per ritardare l’apertura dell’otturatore, invece della semplice chiusura labile del moschetto Beretta. In più il ciclo di sparo iniziava ad otturatore chiuso. Una soluzione innovativa più consona a un moderno fucile automatico piuttosto che alle pistole mitragliatrici dell’epoca. L’arma nella gallery è nella disponibilità di Vincenzo di Domenico di Biancavilla di Traxarm. La FNAB 43 venne dotata di un freno compensatore integrale, simile a quello dei mitragliatori russi, e un carter ribaltabile per l’inserimento del caricatore. Il calciolo ribaltabile facilitava anche il trasporto da parte delle truppe d’assalto. Ne furono prodotti tra 6000 e 7000 pezzi. Non c’è una stima precisa. Diversi pezzi finirono in mano tedesca. Sia perché ne chiesero la fornitura, sia perché se ne impadronirono dopo l’occupazione successiva alla destituzione di Mussolini. Negli esemplari in mano tedesca, furono abrase tutte le marcature italiane, e incisa la dicitura (MASCHINE-PISTOL PM 43 CAL 9 MM). L’Esercito Tedesco, che ne impiegò un certo numero, la definiva “Die Beste italienische”. In segno di gradimento.
L’uso sul campo della FNAB 43
L’arma venne concepita in una fase di carenza di materie prime. Nel bel mezzo della guerra, si puntava a costruire armi compatte, a basso costo, utilizzando in prevalenza lamiere stampate. La FNAB 43 invece era assemblata con pezzi lavorati dal pieno. Rispetto al MAB 38 e all’Armaguerra, la TZ45 la FNAB era molto più ‘preziosa’; tuttavia fu prodotta fino alla fine della guerra. Un’arma ben fatta, precisa, apprezzata da chi l’aveva in dotazione. La non elevata cadenza di fuoco permetteva di controllarla adeguatamente tenendo alta affidabilità e precisione sul bersaglio.
Ne vennero prodotti circa 7.000 esemplari. Venne utilizzata soltanto durante l’invasione degli Alleati in Italia. Alcuni esemplari vennero catturati in Francia ai marinai repubblicani di stanza nella base Betasom di Bordeaux, ma la diffusione rimase prevalentemente confinata al territorio nazionale. Rispetto al più diffuso MAB 38, la FNAB 43 aveva il vantaggio del calcio ribaltabile (come la MP40 tedesca), che ne permetteva un uso rapido e una notevole facilità di trasporto. L’espulsione dei bossoli avveniva verso l’alto. Questa pistola mitragliatrice venne realizzata prendendo spunto dalle armi alleate come Sten e PPŠ-41/PPS43, rispetto alle quali era però considerevolmente più sofisticata e di qualità. Nel dopoguerra la pistola mitragliatrice è tornata tristemente famosa per il conflitto a fuoco delle Brigate Rosse nell’agguato di via Fani per il rapimento di Aldo Moro. A sparare furono due FNAB 43 nelle mani di Valerio Morucci “Matteo” e Franco Bonisoli “Luigi”.
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