La Breda mod. 30 è stata la mitragliatrice leggera di reparto del Regio Esercito dagli anni ’30 a tutta la seconda guerra mondiale. Un’arma imperfetta, o troppo perfetta. Inadatta all’uso sul campo a causa di una meccanica complicata, che risentiva delle condizioni atmosferiche e ambientali.
Non resse mai il confronto con le altre mitragliatrici di reparto della sua generazione. Neanche un paragone con la tedesca MG42, inferiore anche all’inglese Bren e all’americano Bar. Nei fatti fu la dimostrazione dell’inferiorità del Regio Esercito nelle dotazioni e in materia di armamenti
Il progetto della Breda mod. 30
Appena finita la prima guerra mondiale, il Regio Esercito mise a fuoco la necessità di avere una mitragliatrice leggera. Negli anni Venti del Novecento, il Regio Esercito stava testando dei nuovi modelli: la Fiat Mod. 24 e la Breda Mod. 5C. A essere scelto fu un terzo tipo, un’evoluzione della 5G, resa meno pesate ed equipaggiata con un bipiede. Venne preferita a un modello prodotto dalla fabbrica d’armi di Terni e al Brno cecoslovacco, la cui evoluzione sarebbe passata alla storia, ossia il Bren inglese.
Secondo le nuove tattiche militari, i fucilieri avrebbero dovuto contare sul supporto di fuoco della squadra mitraglieri non solo per la copertura, ma anche in tutte le fasi dell’assalto. La Breda mod. 30 era un’arma progettata senza tenere conto di quello che accade in battaglia. Aveva una tecnica sofisticata, una meccanica precisissima. Era perfetta per il poligono, ma sul campo? Dimostrò ampiamente i suoi limiti.
Dentro la Breda 30
Abbiamo potuto esaminare due esemplari della Breda mod. 30 nella disponibilità di Vincenzo Di Domenico Di Biancavilla, di Traxarm. Uno è tra i primi realizzati; risale al 1936 e fu costruito a Roma. (Dal 1936 il complesso industriale Breda di Sesto San Giovanni-Niguarda si articola in sei sezioni di produzione: I locomotive elettromeccanica e meccanica varia, II veicoli, III fucine e fonderia d’acciaio, IV siderurgica, V aeronautica, VI fabbrica d’armi di Brescia, VII fabbrica d’armi di Roma, VIII cantiere navale), matricola 30332; l’altro invece proviene dalla Fabbica Nazionale Armi di Brescia (FNA) ed è del 1943 (matricola 82213). Sul castello dell’arma gli anni di costruzione venivano indicati in base all’era fascista: XIV per il primo, XXI per il secondo esemplare.
L’arma funzionava grazie al corto rinculo della canna, solidale all’otturatore rotante con di chiusura contrapposti. Un sistema usato anche in altre armi dell’epoca, ma esasperato ai massimi livelli dalla Breda che lo realizzò con tolleranze così ridotte da far sì che andasse in blocco letteralmente con pochi granelli di sabbia, o fango, o gelo. Per evitare i frequenti inceppamenti, l’arma aveva bisogno di costante manutenzione. Altro problema: si caricava con lastrine da 20 colpi da inserire con un apposito attrezzo d’ottone nel caricatore non estraibile. L’autonomia di fuoco non era elevata. Raffreddamento della canna a radiatore metallico (alette trasversali). Rigatura elicoidale. Calibro 6.5. Limite di riscaldamento della canna 300 colpi (15 caricatori). Lubrificazione automatica. Caricamento con caricatori di 20 cartucce. Sostegno a bipiede. Velocità iniziale: m/s 630 circa. Celerità di tiro teorica, 450-500 colpi al minuto primo; pratica, 120-150 colpi
Ultimo particolare da non sottovalutare; la lubrificazione necessaria delle munizioni prima di essere spinte e introdotte dall’otturatore in camera di scoppio, al fine di favorire e aiutare l’estrazione del bossolo spento a partenza del colpo avvenuto. L’olio in alcuni teatri operativi nella campagna d’Africa o in Russia fu un ulteriore motivo di inceppamento: tratteneva la sabbia e la polvere, sotto zero ghiacciava bloccando tutto.
I manuali di uso della Breda 30
La mitragliatrice leggera venne prodotta dal 1930, e impiegata dal Regio Esercito su tutti i fronti; nel 1940 ne erano stati prodotti oltre 30.000 esemplari. L’arma venne prodotta fino alla fine della guerra, fu usata anche dalla Rsi e dalla Wehrmacht, (6,5 mm leichter Maschinengewehr 099 italien). Tutti ebbero gli stessi problemi. Ma per i manuali che all’epoca venivano forniti agli allievi ufficiali si trattava di un’arma eccellente.
L’arma è leggera e maneggevole, rustica. Il trasporto è a spalla o sommeggiato. Dello stesso calibro del fucile, è un’arma automatica portatile, di piccola mole e rappresenta un fuoco di fucileria concentrato e rapidissimo. Fa parte della squadra fucilieri, delle quali rappresenta la punta infuocata incaricata di aprire la strada. Va all’assalto con la squadra.
E’ l’arma più efficace e più micidiale del combattimento ravvicinato.
E’ l’arma più efficace e più micidiale del combattimento ravvicinato. Di norma non si impiega a distanze superiori ai 400 metri. In difensiva, i fucili mitragliatori costituiscono i centri di fuoco avanzati, e predispongono l’incrocio del loro tiro davanti alla linea di resistenza, formando una fitta rete di fuoco automatico radente.
Ma nonostante la enfatica propaganda del Regime, anche i manuali militari pubblicavano letteralmente una raffica di accorgimenti da tenere per una corretta manutenzione, oltre a una nutrita sezione di inconvenienti.
L’arma deve essere sempre unta, riparata dall’umidità, dalle intemperie e dalla polvere. È consentita la sostituzione delle parti di ricambio contenute nella cassetta, ma l’arma va riparata solo presso la fabbrica d’armi. Sono da osservare le seguenti norme:
Prima del tiro:
1° scomporre l’arma e ripulirne le parti;
2° verificare lo stato d’uso delle varie parti, specie quelle rinculanti (otturatore e suo mollone, percussore, ecc.);
3° assicurarsi che la scatola sia piena di lubrificante;
4° lubrificare convenientemente con olio Breda le varie parti dell’arma, in particolare l’otturatore;
5° scartare i caricatori deformati.
Durante il tiro:
1° eseguire i movimenti con decisione, evitando eccessivi spostamenti del bipiede;
2° al minimo inconveniente, cessare il fuoco, aprire l’otturatore e ispezionare l’arma;
3° se la canna è arroventata, estrarre subito la cartuccia dalla camera, se vi è rimasta. Ove la cartuccia sfugga all’azione dell’estrattore, aprire il serbatoio e togliere le cartucce rimaste nel becchetto, richiudere l’otturatore e attendere che la canna si raffreddi;
4° non sparare più di 200 colpi consecutivi colla stessa canna, regolando in conseguenza la rotazione delle canne a corredo dell’arma (prima di staccare la canna dall’arma, assicurarsi che sia sgombra da cartuccia);
5° tiro normale è quello «a raffiche» di 5-6 colpi , il «tiro continuo» è eccezionale;
6° potendo, pulire e lubrificare l’arma ogni 1.000 colpi.
Dopo il tiro: ispezionare l’arma e procedere alla pulitura ordinaria.
Inconvenienti.
I più comuni sono:
1) scatto a vuoto: tirare indietro il carrello d’armamento e abbandonarlo per la ripresa del tiro, oppure, secondo i casi, sostituire il percussore o la sua molla o ripulire l’otturatore;
2) incompleta chiusura della camera (il colpo non parte perché la cartuccia non è ben allogata nella camera): tirare indietro il carrello d’armamento, come si è testé detto, oppure, secondo i casi, sostituire o ripulire le parti logore o sporche. Se dipende da frammenti di bossoli rimasti nella canna, si toglie la canna e si usa l’estrattore di bossoli rotti;
3) imperfetta presentazione della cartuccia all’imbocco della camera: si libera la cartuccia inceppata, usando l’estrattore a mano. Se l’inconveniente si ripete, secondo i casi, cambiare il bloccaggio o la canna, sostituire le parti rotte o deformate, sistemare la molla nel serbatoio, pulir: questo ultimo o rettificarne la posizione;
4) mancata espulsione del bossolo per insufficiente urto contro l’espulsore e conseguente inceppamento di una seconda cartuccia: si aggancia all’indietro il carrello d’armamento, si elimina l’inceppamento (usare l’estrattore a mano) e si tira indietro la canna per far ruotare il blocco verso sinistra. Se l’inconveniente si ripete, secondo i casi, sostituire l’espulsore o la sua molla, o l’estrattore o il bloccaggio, o la canna, ovvero pulire o lubrificare il meccanismo;
5) mancata estrazione del bossolo: si usa il cilindretto di ottone avvitato alla bacchetta;
6) mancata presentazione della cartuccia all’otturatore: trarre indietro il carrello e abbandonarlo.
Se l’inconveniente si ripete, regolarsi come nel caso di imperfetta presentazione della cartuccia dipendente da irregolare funzionamento del serbatoio;
7) rottura del percussore: in tal caso verificare che nell’interno della testata non rimanga qualche frammento del percussore rotto;
8) scoppi fuori canna: verificandosi tali scoppi, occorre provvedere ad una accurata verifica di tutti i pezzi sostituendo quelli deformati, ed in particolar modo le molle, il pistoncino di sicurezza e gli organi di chiusura.