Joseph Beyrle, l’Aquila urlante decorata con l’Ordine della bandiera rossa della Madre Russia. Una storia rocambolesca quella del paracadutista della 101 Airborne Usa. Avrebbe potuto essere uno dei protagonisti di Band of Brother, essendosi addestrato a Camp Toccoa come tutti gli altri paracadutisti che si lanciarono in Normandia. Ma il destino della guerra gli avrebbe riservato altre avventure drammatiche e rocambolesche.
Joseph Beyrle e la sua ostinata volontà a sopravvivere alla fine hanno avuto la meglio sul peggio. Badass, così definiscono gli americani i duri in combattimento. E lui probabilmente potrebbe esserne il prototipo. Passato alla storia come il soldato che ha combattuto sia per l’esercito americano sia per l’Armata Rossa, vivendo da protagonista eventi cardine della storia della seconda guerra mondiale, come il D-day in Normandia e la liberazione di Varsavia. Nel mezzo una serie di fughe rocambolesche dagli campi di prigionia tedeschi. Ma andiamo con ordine.
La 101 airborne e il D-day
Joseph era il terzo di sette figli nati; i genitori erano venuti in America dalla Germania nel 1800. Aveva sei anni quando la gli Stati Uniti subirono la grande depressione. Suo padre, perse il lavoro. I suoi primi ricordi furono le file per il cibo nelle mense dei poveri. Una volta cresciuto, Beyrle decise di arruolarsi, si offrì volontario per diventare paracadutista e, dopo aver completato l’addestramento di base a camp Toccoa, fu assegnato al 506 ° reggimento di fanteria paracadute della 101^ divisione aerotrasportata, “Screaming Eagles”. Beyrle si specializzò nelle comunicazioni radio e nella demolizione; prima dello sbarco in Normandia completò due missioni nella Francia occupata nell’aprile e nel maggio del 1944, consegnando oro alla Resistenza francese.
Il 6 giugno, D-Day, il C-47 di Beyrle cadde sotto il fuoco nemico sulla costa della Normandia; i paracadutisti furono costretti a saltare da un’altitudine estremamente bassa di 120 metri. Dopo l’atterraggio a Saint-Côme-du-Mont, il sergente Beyrle perse il contatto con i suoi compagni paracadutisti, ma riuscì a far saltare in aria una centrale elettrica. Ha eseguito altri sabotaggi prima di essere catturato dai soldati tedeschi pochi giorni dopo. Gli vennero strappate le piastrine; l’uniforme la prese un soldato tedesco che la indossò e tentò, non riuscendoci, di infiltrarsi nelle linee nemiche. A questo punto Beyrle venne dato per morto. La notizia fu comunicata ufficialmente alla famiglia, che tuttavia non volle mai credere alla scomparsa del paracadutista.
La prigionia, la fuga. In guerra con l’Armata Rossa
Nel corso dei sette mesi successivi, Beyrle fu detenuto in sette diverse prigioni tedesche. Fuggì due volte, solo per essere ricatturato ogni volta, subendo violenze sempre crescenti. Nel corso delle loro evasioni Beyrle e i suoi compagni prigionieri puntavano a ricongiungersi con l’Armata Rossa, che era a breve distanza. Dopo la seconda fuga (in cui lui e i suoi compagni partirono per la Polonia ma salirono su un treno per Berlino per errore), Beyrle fu consegnato alla Gestapo da un civile tedesco. Picchiato e torturato, fu rilasciato alle forze armate tedesche dopo che i funzionari intervennero e stabilirono che la Gestapo non aveva giurisdizione sui prigionieri di guerra. La Gestapo stava per sparare a Beyrle e ai suoi compagni, sostenendo che fosse una spia americana che si era paracadutata a Berlino.
Beyrle fu portato al campo di prigionia Stalag III-C ad Alt Drewitz, da cui fuggì all’inizio del gennaio 1945. Si diresse verso est, sperando di incontrarsi con l’esercito sovietico. E lo incontrò. Si imbatté in una brigata di carri armati sovietici a metà gennaio, alzò le mani, con in mano un pacchetto di sigarette Lucky Strike e gridò in russo: “Amerikansky tovarishch! (“Compagno americano!”). Beyrle riuscì infine a persuadere il comandante del battaglione, equipaggiato con carri M4 Sherman, a permettergli di combattere a fianco dell’unità durante il suo viaggio verso Berlino.
Beyrle con i soldati dell’Armata rossa liberò il suo ex campo, Stalag III-C, alla fine di gennaio, ma nella prima settimana di febbraio fu ferito durante un attacco da bombardieri tedeschi. Venne ricoverato in un ospedale sovietico a Landsberg an der Warthe (ora Gorzów Wielkopolski in Polonia), dove ricevette una visita dal maresciallo sovietico Georgy Zhukov, che, incuriosito dall’unico non sovietico in ospedale, venne a conoscenza delle peripezie di Beyrle attraverso un interprete e fornì a al sergente i documenti ufficiali per ricongiungersi alle forze americane.
Unendosi a un convoglio militare sovietico, Beyrle arrivò all’ambasciata americana a Mosca nel febbraio del 1945. Qui apprese che negli Stati Uniti era stato dichiarato KIA, ucciso in azione il 10 giugno 1944 sul suolo francese. Una rito funebre era stato celebrato alla memoria a Muskegon e il suo necrologio era stato pubblicato sul giornale locale. Gli ufficiali dell’ambasciata a Mosca, pensando fosse una spia russa, lo misero sotto sorveglianza armata al Metropol Hotel fino a quando la sua identità non fu stabilita attraverso le impronte digitali.
Il rientro a casa di Beyrle, e il suo lascito ai giovani
Beyrle tornò nella sua casa in Michigan il 21 aprile 1945, e celebrò il V-E Day due settimane dopo a Chicago. Si sposò con JoAnne Hollowell nel 1946; il rito fu celebrato nella stessa chiesa e dallo stesso sacerdote che aveva tenuto la sua messa funebre due anni prima. Fu l’unico soldato decorato da americani e russi; venne insignito dai presidenti degli Stati Uniti Bill Clinton e dal presidente russo Boris Eltsin durante una cerimonia nel Giardino delle Rose del Mar Morto in occasione del 50 ° anniversario del D-Day nel 1994.
Beyrle morì nel sonno nel dicembre 2004, durante una visita a Toccoa, in Georgia, dove si era addestrato con i paracadutisti nel 1942. Aveva 81 anni. Fu sepolto con onori nella Sezione 1 del Cimitero Nazionale di Arlington in aprile, del 2005.
Beyrle e sua moglie JoAnne avevano una figlia, Julie e due figli. Il figlio maggiore, Joe Beyrle II, prestò servizio nel 101^ Airborne durante la guerra del Vietnam. L’altro figlio, John Beyrle è stato ambasciatore degli Stati Uniti in Russia nel periodo 2008-2012.
Nel 2010 è stata presentata a Mosca e in altre tre città russe una mostra dedicata alla vita e alle esperienze di guerra di Joe Beyrle. La mostra ha fatto tappa anche al Museo Nazionale della Seconda Guerra Mondiale a New Orleans, a Toccoa, in Georgia e Omaha nel 2011, nella natale di Beyrle a Muskegon, nel Michigan. Attualmente c’è un’installazione permanente presso l’USS Silversides Museum di Muskegon.