La Beretta modello 1934 è un’arma entrata di diritto nella storia dell’oplologia contemporanea.
Ha accompagnato i nostri soldati durante la seconda guerra mondiale, è stata una preda di guerra ambita tra i soldati alleati, ed è rimasta la pistola d’ordinanza per militari e forze di pubblica sicurezza fino agli anni ’80. Con l’approfondimento su quest’arma e sulla ‘gemella’ ma rarissima e ambita modello 1937, Armymag può presentare foto inedite e dettagli relativi alla storia degli esemplari della gallery grazie alla disponibilità di un nostro lettore, collezionista di ex ordinanza da molti anni, che ci ha permesso di visitare la sua collezione e presentarne i pezzi più rari.
Oltre alla rarissima Modello 1937, un’arma ‘mitizzata’ in Italia e negli Stati Uniti, la M34 raffigurata in foto è stata impiegata in battaglia durante la campagna di Russia. I segni di corrosione presenti sull’arma, probabilmente dovuti al ghiaccio, coincidono assolutamente con le parti esposte agli agenti atmosferici che fuoriuscivano dalla fondina.
La storia della Beretta M34
La Beretta Modello 1934 è una pistola semiautomatica ad azione singola e chiusura labile (la canna è svincolata dal carrello). Alla fabbrica bresciana venne commissionata la progettazione di un’arma per gli agenti di pubblica sicurezza. Il punto di partenza furono i primi modelli del 1915; da qui, e poi dalla si mossero i primi passi verso la progettazione dei più moderni. Le indicazioni a Beretta da parte delle forze di polizia furono chiare: serviva una pistola compatta, semplice nella meccanica e soprattutto robusta. Il progettista capo della Beretta Tullio Marengoni si mise al lavoro e presentò un’arma che, col senno di poi, fu in grado di soddisfare ampiamente tutte le richieste iniziali. Semplice, affidabile, facilmente occultabile, venne considerata una delle migliori pistole della seconda guerra mondiale. L’unico margine di discussione ancora aperto è sul calibro. Il 9 corto (o .380 ACP o 9×17), è sempre stato considerato non adatto all’impiego militare (anche al confronto con le altre pistole delle forze in campo).
Ma la considerazione da fare è sui presupposti di partenza del progetto italiano. Che aveva nel rapporto economicità-efficacia l’imperativo irrevocabile per dirla coi termini dell’epoca. Così la rinuncia a una cartuccia dalle prestazioni elevate, venne compensata dall’efficacia di un’arma semplice (assemblata in soli 39 pezzi), non costosa da fabbricare, ma ugualmente ‘stilosa’ e precisa alle comuni distanze di impiego operativo. Le Beretta M34 fu sempre affidabile, anche negli ultimi anni della guerra, quando le ridotte scorte di materie prime e la necessità di produrre determinarono un evidente peggioramento delle armi, limitato però alle finiture esterne. Secondo gli esperti, l’unico dettaglio che poteva essere migliorato poteva essere quello della sicura, un sistema che blocca solo il grilletto.
La Beretta M34 entra in servizio
Le prime commesse dell’arma furono dalle forze di polizia che l’avevano richiesta; a seguire anche le Forze Armate decisero di adottarla come arma d’ordinanza. Furono proprio queste ultime a commissionare alla Beretta il più alto numero di pistole M34; altre finirono in Romania (che ne acquistò 40.000 pezzi nel 1941), e poi all’esercito tedesco (dal 1943 al 1945 con la Rsi). Altri esemplari furono invece destinati al mercato civile, soprattutto statunitense. La pistola fu utilizzata su tutti i fronti in Africa, Europa e Russia, dimostrandosi sempre affidabilissima in ogni clima.
Fu una preda bellica molto ambita e venne considerata un’ottima arma da difesa, che sopperiva al calibro ridotto con una grande occultabilità e affidabilità. Gli americani le affidarono il nomignolo di “mighty mite”, (piccola e tosta), mentre per gli inglesi era ‘red point’ dal puntino rosso che distingueva il fuoco dalla sicura. La produzione cessò solo nel 1980. Alla fine ne furono realizzati oltre un milione di esemplari. E’ stata considerata arma da guerra fino alla fine degli anni ’80. Dopo la liberalizzazione del calibro, era il 1991, la Beretta realizzò con alcuni “fondi di magazzino” un lotto di circa 2000 pezzi, destinato al mercato dei collezionisti.
La ‘mitica’ Modello 1937 e altre varianti
Dopo l’adozione della M34 dalle forze armate, la pistola Beretta venne classificata come arma da guerra, e ovviamente ne venne vietata la vendita. Questo avvenne più o meno nella seconda metà del 1936. La casa bresciana tentò di correre ai ripari, mettendo in commercio una versione ‘alleggerita’, visto che il discrimine non era il calibro ma il peso dell’arma. Sempre su questo filone si pone il Modello 1937, prodotto in pochissimi esemplari e sul quale ci sono pochissime informazioni. Non differisce dalla 34 che per le diciture sul castello, ed era destinato all’uso civile, come si evince anche dai banchi sull’esemplare in fotografia prodotto nel 1941 (PSF su testa coronata ossia Polveri senza fumo, e la marcatura del Banco di Gardone Val Trompia sempre coronato in alto). Un’altra variante era la M35, camerata in 7,65 mm Browning, anche questa prodotta per il mercato civile, ma adottata Marina e Aeronautica e dalla Repubblica sociale e forze armate tedesche d’occupazione.
Le pistole prodotte nel ventennio fascista avevano la marcatura sul carrello con l’anno di fabbricazione e l’anno dell’era fascista in numeri romani. Oltre a quelle civili già indicate, altre marcature per le armi militari posizionate superiormente dietro la guancetta sinistra, sono la sigla RE con coroncina soprastante a indicare le pistole destinate al Regio Esercito, o PS per le pistole del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
La Beretta M1934 nel dopoguerra
La Beretta M34 restò la pistola d’ordinanza dell’Esercito e dei carabinieri anche nel dopoguerra. L’Arma rimpiazzò la M34 con la 92S solo dal 1981; per gli ufficiali dell’Esercito invece si dovette attendere ancora qualche anno. Gli ultimi ad averla in dotazione furono gli agenti dei reparti Celere e Mobili e gli allievi agenti della Polizia di Stato. Invece in quasi tutti i corpi dei vigili urbani italiani, in quanto non aventi lo status di forze armate, e presso molti “corpi” privati di guardie giurate, rimase a lungo in dotazione la mod. 35 cal. 7,65.
Tecnicamente l’arma è in acciaio, lunga 152 mm; il peso da scarica è 650 grammi. La lunghezza della canna è di 86 mm ed è camerata per il calibro 9 x 17 mm, conosciuto anche come 9 Corto o .380 Auto; caricatore a 7 colpi. La sicura manuale che blocca il grilletto è sul lato sinistro; sparato l’ultimo colpo, il carrello rimane aperto: questo dà il segnale di arma scarica (sistema detto “OACE”, acronimo di Otturatore Aperto Caricatore Esaurito).
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